Medico competente a responsabilità limitata.

Medico competente a responsabilità limitata - Verifiche e Lavoro

Medico competente a responsabilità limitata.

Non ogni effetto della patologia del lavoratore, pure riscontrata nella visita periodica, può essere imputato al medico competente. 

L’articolo in sintesi:

  • Quale sia il ruolo di salvaguardia dell’integrità psico-fisica del lavoratore da parte del medico competente, è previsto dal TU Sicurezza.
  • La sorveglianza sanitaria, attraverso le visite mediche, spesso su base annuale, viene svolta solo ove prevista dal tipo di attività.
  • Il medico deve fornire e registrare gli esiti della visita anche a favore del lavoratore. il riscontro di patologie, non esclude l’idoneità.
  • Per la cassazione, non sussiste responsabilità penale del medico, se non ha violato specificamente il TU Sicurezza e, comunque, se la sua condotta non avrebbe evitato l’evento.

Tra le altre verifiche di competenza in materia di sicurezza sul lavoro, è previsto che gli ispettori si accertino che venga effettivamente esplicata, da parte dell’azienda, la sorveglianza sanitaria, e che il medico competente ponga in essere ogni necessaria attività di prevenzione del lavoro.

Per il TU Sicurezza, scopo dell’azione del medico competente risulta, in definitiva, quella di salvaguardare il lavoratore da qualunque forma morbosa provocata dal lavoro e volta a formulare un giudizio di idoneità alle mansioni da svolgere, tenuto conto delle condizioni psico-fisiche del lavoratore e del contesto in cui opererà.

A tale fine, in sede di controllo ispettivo, i funzionari verificano che, nelle attività per cui risulti prevista, o richiesta, la cd. sorveglianza sanitaria (art. 41, TU Sicurezza), il medico competente, nell’ambito delle proprie mansioni, abbia posto in essere ogni prevista condotta, volta a verificare l’idoneità alle mansioni del lavoratore. Pertanto, di norma, i funzionari fanno richiesta all’azienda della documentazione che certifichi le visite del medico, in fase di assunzione o periodiche.

Le visite del medico competente

Così l’art. 41, TU Sicurezza:
  • Visita medica preventiva intesa a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui il lavoratore è destinato al fine di valutare la sua idoneità alla mansione specifica.
  • visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica. La periodi- cità dell’accertamento è annuale, se non previsto diversamente da norme, medico competente o organi di vigilanza.
  • visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell'attività lavorativa svolta.
  • visita medica in occasione del cambio della mansione onde verificare l'idoneità alla mansione specifica.
  • visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi previsti dalla normativa vigente.
  • visita medica preventiva in fase preassuntiva, su scelta dell’azienda, dell’Azienda Sanitaria Locale o del medico stesso.

 

Gli obblighi del medico del lavoro non si limitano al vaglio sanitario dei lavoratori, ma incombe su di esso l’onere di ampia collaborazione con il datore di lavoro e con il suo servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi e alla predisposizione e attuazione delle misure per la tutela dell’integrità psico-fisica del lavoratore (art. 25, TU).

Si tratta di una posizione di garanzia fondamentale, che attiene alla programmazione della sorveglianza sanitaria attraverso protocolli, calibrati sui rischi specifici, tenendo conto degli indirizzi scientifici più avanzati e dello stato generale di salute del lavoratore (cfr. artt. 38ss, D.Lgs. n. 81/2008). Lo scopo è quello di prevenire e proteggere in varie forme, su incarico dell’azienda, il prestatore da rischi lavorativi. Ciò avviene, in definitiva, non solo mediante le predette visite mediche dirette del dipendente, ma pure mediante attività di sua formazione e informazione e di organizzazione del servizio di primo soccorso, considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione ai rischi.

Non vi è dubbio, tuttavia, che l’intervento peculiare che coinvolge la figura e la responsabilità del medico competente attiene all’“inquadramento” sanitario del lavoratore e al giudizio sulle sue condizioni psico-fisiche, rispetto alle mansioni.

I possibili esiti della visita medica

Così per il TU Sicurezza

All'esito della visita, il medico competente esprime uno dei seguenti giudizi relativi alla mansione specifica: 

a) idoneità;

b) idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni

c) inidoneità temporanea;

d) inidoneità permanente.
Nel caso di espressione del giudizio di inidoneità temporanea vanno precisati i limiti temporali di validità.
Avverso tali giudizi è ammesso ricorso, entro trenta giorni, all'organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso.

 

Ove gli ispettori verifichino che si sono poste in essere visite mediche vietate (es. per l’accertamento di stati di gravidanza), oppure che il medico competente non abbia allegato gli esiti della visita medica alla cartella sanitaria e di rischio (art. 25, c. 1, lett. c) TU); o, ancora, nell’ipotesi che non abbia espresso il proprio giudizio per iscritto, dandone copia al lavoratore e al datore di lavoro, si dovrà contestare direttamente al medico l’illecito amministrativo previsto dall’art. 58, c. 1, lett. e), TU Sicurezza, punito con una sanzione pecuniaria da € 1228,5 a € 4914,03. Per forme di mancata collaborazione, sorveglianza sanitaria e non corretta tenuta e consegna della relativa cartella, vengono stabilite dalla medesima disposizione, anche misure penali alternative, dell’arresto e dell’ammenda.

Va poi osservato che una specifica sanzione amministrativa (da € 737,1 a € 2457,02) punisce la mancata informazione del lavoratore in ordine agli esiti delle visite che sostiene (per l’art. 25, TU, il medico “informa ogni lavoratore interessato dei risultati della sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41 e, a richiesta dello stesso, gli rilascia copia della documentazione sanitaria”).

Detto ciò, non ogni patologia del lavoratore può chiamare in causa la posizione del medico del lavoro. Quale sia l’effettiva estensione del dovere di salvaguardia medica del lavoratore che gli può essere attribuita, lo chiarisce oggi la Cassazione, con la sentenza n. 2 luglio 2020, n. 19856.

Il caso trattato dalla Suprema Corte atteneva alla contestazione, con conseguente condanna, della responsabilità penale di un medico competente, per il reato di cui all’art. 590-sexies, c.p. (responsabilità colposa per morte o lesione personale in ambito sanitario), in riferimento alla morte di un lavoratore per una patologia ematica non sviluppata in contesto lavorativo, ma constatata in sede di visita medica periodica.

Tra l’altro, veniva contestato al medico competente di avere omesso, nel redigere i certificati di idoneità lavorativa, di effettuare un’adeguata valutazione dei risultati degli esami clinici, che segnavano un evidente peggioramento rispetto agli esami precedenti; inoltre, di avere omesso di dare informazione dell’esito degli esami al diretto interessato e al suo medico curante, determinando così un ritardo diagnostico della patologia e compromettendo così le possibilità di intervento terapeutico.

Tuttavia, le condanne del primo e secondo grado del giudizio non sono state condivise e confermate dalla Cassazione.

Solo responsabilità specifica per il medico competente

Così per la Cassazione, sent. 19856/2020:

Il ragionamento sviluppato dalla Corte distrettuale e posto a fondamento della statuizione di condanna risulta affetto sia dal vizio di violazione di legge che da inconferenze motivazionali. Ed invero, non risulta adeguatamente sviluppato il tema volto a verificare se, nello svolgimento delle visite periodiche eseguite negli anni nei confronti del lavoratore, sulla base delle effettive conoscenze, sia cliniche che di lavoro, o, comunque, di quelle conoscibili, e nella correlata formulazione dei relativi giudizi di idoneità alle mansioni specifiche, sia ravvisabile, a suo carico, la sussistenza di una condotta colposa tenuto conto dei doveri cautelari attribuitigli dall'ordinamento giuridico in ragione della sua specifica posizione di garanzia rivestita. Va in ogni caso considerato che il presupposto della rimproverabilità soggettiva nei confronti dell'imputato implica la prevedibilità dell'evento che va compiuta ex ante, riportandosi al momento in cui la condotta è stata posta in essere. Inoltre, a fronte di una condotta attiva indiziata di colpa che abbia cagionato un certo evento, occorre, poi, operare il giudizio controfattuale, ovvero chiedersi se, in caso di c.d. comportamento alternativo lecito, l'evento che ne è derivato si sarebbe verificato ugualmente e ne rappresenti la concretizzazione del rischio.

 

In sostanza, per la Corte di Cassazione, le argomentazioni sviluppate dai giudici di merito sono state meramente congetturali, dato che, non solo non si è tenuto conto di quale fosse il quadro normativo in ordine all’effettivo ruolo del medico competente e quale lo svolgersi dei fatti (nel caso, il medico aziendale aveva concesso l’idoneità al lavoro per mansioni adeguate e aveva riferito i propri esiti al lavoratore, che, tuttavia, non li aveva riportati a sua volta al proprio medico). Ma, anche tenuto conto del ruolo comunque limitato del medico del lavoro, neppure si è operato il necessario ragionamento contro-fattuale, condotto sulla base delle note regole di esperienza o di legge scientifica.

Anche quanto al medico competente -tanto più tenuto conto del ruolo perimetrato dal TU Sicurezza-, occorre sempre dimostrare il nesso di causalità tra la condotta omissiva tenuta e l’evento lesivo o decesso del paziente.

In definitiva il medico competente è punibile ex art. 590-sexies c.p., non solo quando si prova che con la sua condotta ha violato propri specifici doveri di legge; ma pure se viene accertato che l’omessa condotta doverosa avrebbe inciso positivamente sulla salute del paziente.

Articolo a cura di Mauro Parisi – estratto da V@L – Verifiche e Lavoro n. 4/2020

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