Diffida accertativa: prescrizioni per retribuzioni e contributi.

Diffida accertativa: prescrizioni per retribuzioni e contributi | Verifiche e Lavoro

Diffida accertativa: prescrizioni per retribuzioni e contributi.

Chi vanta crediti di lavoro ultraquinquennali, può rivolgersi agli ispettori se la prescrizione è interrotta. Ma solo per la retribuzione.

L’articolo in sintesi

  • Nel 2013, alcuni lavoratori hanno, nel corso di un periodo di crisi aziendale, rinunciato alla propria retribuzione per favorire l’azienda.
  • superata la crisi i lavoratori richiedono al datore di lavoro la corresponsione delle somme, senza che egli vi provveda negli anni.
  • decidono quindi di rivolgersi alla sede dell’ispettorato, il quale, vista l’interruzione operata nel tempo, forma diffida accertativa.
  • la direttiva dell’INL del 23.1.2020, conferma la recuperabilità delle retribuzioni ultraquinquennali. Diverso regime per i contributi.

La vicenda

Alcuni lavoratori di una piccola impresa metalmeccanica, dopo anni di infruttuose richieste all’azienda, si rivolgono alla locale sede dell’Ispettorato del lavoro per vedersi finalmente corrispondere dal datore di lavoro differenze retributive dovute per il periodo compreso tra marzo e ottobre 2013.

I lavoratori lamentano che in quell’anno l’azienda, a causa di un improvviso calo di commesse, aveva rischiato di chiudere. Per cui, con uno spontaneo patto interno di solidarietà, pure di mantenere aperta l’attività, i lavoratori avevano concordato con il titolare la rinuncia temporanea di una piccola parte delle loro mensilità, in attesa di tempi migliori.

Nel tempo le condizioni dell’azienda erano migliorate, uscendo dal precedente stato di crisi. Il titolare, tuttavia, non aveva più provveduto a corrispondere loro le somme non versate, forte della rinuncia che ne avevano fatto i suoi dipendenti.

All’inizio del 2018, il titolare si era visto recapitare una lettera dattiloscritta e firmata da tutti i lavoratori-creditori, senza darvi riscontro.

A seguito della denuncia dei prestatori di lavoro, l’Ispettorato del lavoro formava una diffida accertativa per il recupero degli importi dovuti, mentre l’INPS procedeva alla richiesta della contribuzione corrispondente omessa.

L’azienda, tuttavia, ritiene gli atti degli enti illegittimi.

La soluzione

Come noto i lavoratori possono legittimamente disporre e rinunciare a parte della propria retribuzione, nella sola parte eccedente il minimale previsto dalla contrattazione soggettiva, ma a condizioni di dovuta garanzia (es. con un accordo in sede sindacale). Nel caso proposto, l’intento solidaristico della rinuncia dei lavoratori appare chiaro, mentre non è noto se la parte della retribuzione “rinunciata” in effetti corrisponda a un “superminimo”, integrante il loro salario, o comprometta (come non concesso) la previsione del CCNL.

Fatto sta che in seguito è sorta controversia proprio sulla connotazione delle somme rinunciate nel 2013: solo temporanea per i lavoratori; tout court e a titolo definitivo per l’azienda.

Come noto i crediti retributivi conoscono una prescrizione di carattere quinquennale, ai sensi dell’art. 2948 cod.civ., decorrenti dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Ma è altrettanto risaputa la giurisprudenza che ha inteso che la decorrenza del termine quinquennale debba trovare corrispondenza ed essere “dimensionato” al metus del lavoratore nei confronti dell’azienda.

Decorrenza della prescrizione per la retribuzione

Così la Suprema Corte

In base alla consolidata giurisprudenza di legittimità, ai fini della decorrenza della prescrizione quinquennale nel corso di rapporto, è necessa- rio che la stabilità reale dello stesso si riscontri nell’atteggiarsi fattuale del rapporto medesimo e non derivi soltanto dalla qualificazione ad esso attribuito in sede giudiziale (cfr. Cass., sez. lav., n. 12533/2014).

 

Quindi, specie nel caso di piccole aziende –ove maggiore appare solitamente il timore di ritorsioni datoriali-, la prescrizione dovrebbe decorrere, appunto, dalla cessazione del rapporto di lavoro. Tale termine decorre già nel corso del rapporto, invece, per le maggiori imprese, storicamente connotate da tutela reale.

A fronte della predetta situazione “variabile”, in materia di crediti retributivi e del termine prescrizionale, è intervenuto l’Ispettorato Nazionale del lavoro, offrendo una puntuale e innovativa direttiva ai propri organi ispettivi. In particolare, precisando che essi potranno operare recuperi di spettanze patrimoniali solo entro i cinque anni dalla loro maturazione, salvo interruzione della prescrizione.

Diffida accertativa e prescrizione quinquennale

Così la Nota 23.1.2020, prot.n. 595

Atteso che la diffida accertativa ha ad oggetto crediti certi, liquidi ed esigibili, come tali non fondati su elementi suscettibili di interpretazione si ritiene che, in adesione al citato parere del Ministero, il personale ispettivo dovrà considerare solo i crediti da lavoro il cui termine quin- quennale di prescrizione, decorrente dal primo giorno utile per far valere il diritto di credito anche se in costanza di rapporto di lavoro, non sia ancora maturato. A tal fine il personale ispettivo dovrà comunque tener conto di eventuali atti interruttivi della prescrizione esperiti dal lavoratore ai sensi dell’art. 1219 c.c. e da questi debitamente documentati all’organo di vigilanza... Ne consegue che risulta sufficiente che il creditore manifesti chiaramente, mediante atto scritto diretto al debitore e a lui trasmesso con i mezzi idonei a garantirne la conoscenza legale, la volontà di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto.

 

Nel caso di specie, come si osserva, comunque sia i lavoratori hanno provveduto per tempo a interrompere la prescrizione dei propri crediti del 2013. Non vi è motivo di dubbio, pertanto, alla luce della Nota dell’INL, che correttamente gli ispettori possano formare diffide accertative, i “titoli” di accertamento tecnico previsti dall’art. 12, D.Lgs n. 124/2004 (“Qualora … emergano inosservanze alla disciplina contrattuale da cui scaturiscono crediti patrimoniali in favore dei prestatori di lavoro, il personale ispettivo delle Direzioni del lavoro diffida il datore di lavoro a corrispondere gli importi risultanti dagli accertamenti”). Una volta ottenuti i titoli esecutivi, i lavoratori saranno in grado di procedere immediatamente a precettare il datore di lavoro, senza la necessità di ricorso alla richiesta di decreti ingiuntivi.

Diversa considerazione, invece, riguarda i crediti contributivi. I quali, come noto, vedono creditore immediato l’INPS, sia pure nell’interesse del lavoratore. Solo l’INPS può interrompere la prescrizione dei propri crediti, con un valido atto di intimazione a corrispondere gli importi che reputa dovuti (es. avvisi bonari, richieste di regolarizzazione, verbali ispettivi, eccetera).

La denuncia del lavoratore rivolta all’Istituto, invece, potrà essere utile al fine di “prolungare” il limite prescrizionale, da cinque a dieci anni.

Danno contributivo e lavoratore

Così la Suprema Corte:

E’ noto che, in tema di omissioni contributive, il presupposto dell’azione risarcitoria attribuita al lavoratore dall’art. 2116 c.c. sia costituito dall’intervenuta prescrizione del credito contributivo, poiché, una volta che si siano realizzati i requisiti per l’accesso alla prestazione previ- denziale, tale situazione determina l’attualizzarsi per il lavoratore del danno patrimoniale risarcibile, consistente nella perdita totale del trattamento pensionistico ovvero nella percezione di un trattamento inferiore a quello altrimenti spettante (cfr. Cass. n. 3661/2019 e n. 27919/2019).

 

Per cui, nel caso in esame, l’eventuale azione dell’INPS volta al recupero, potrà essere contrastata efficacemente dall’azienda. Ma rimarrà salvo il diritto dei lavoratori di agire per il risarcimento del danno patito a fini pensionistici (art. 2116 cod. civ. “Nei casi in cui… le istituzioni di previdenza e di assistenza, per mancata o irregolare contribuzione, non sono tenute a corrispondere in tutto o in parte le prestazioni dovute, l’imprenditore è responsabile del danno che ne deriva al prestatore di lavoro”).

Articolo a cura di Studio Legale VETL – estratto da V@L – Verifiche e Lavoro n. 2/2020

V@L – Verifiche e Lavoro è la prima rivista specializzata in Italia in materia di ispezioni e controllo sul lavoro da parte degli organi pubblici competenti, su lavoro, previdenza, assicurazione e sicurezza.

I nostri ricorsi ragionati vogliono essere uno strumento operativo, una guida pratica per difendersi in caso di verbale ispettivo.

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