Professionista reticente: le sanzioni dagli ispettori

Professionista reticente: le sanzioni dagli ispettori

Non sono legittime le contestazioni al professionista se ha opposto correttamente il segreto professionale.

L’articolo in sintesi:

  • Una società di vendite a domicilio opera l’attribuzione di indennità ai propri dipendenti sulla base di criteri non compresi dagli ispettori
  • I funzionari convocano e interrogano il professionista che assiste la società, il quale tuttavia oppone il segreto professionale e non fornisce risposte
  • Gli ispettori ritengono che tale condotta impeditiva integri il reato di cui all’art. 4, L.n. 628/1961 e l’illecito amministrativa ex art. 3, D.L.n. 463/1983
  • L’opposizione del segreto professionale è però prerogativa del professionista, con diritto-dovere di astenersi da notizie e attività indizianti il cliente

La vicenda

Presso la sede di una Società di vendite a domicilio, vengono compiuti una serie di accessi da parte degli ispettori del locale Ispettorato del lavoro e dei loro colleghi dell’INPS.

Dai primi riscontri emerge il sospetto che la Società abbia effettuato alcune irregolarità nella gestione dei rapporti di lavoro, con particolare riguardo ai conteggi e all’erogazione di indennità pecuniarie ai dipendenti.

Dopo essere stata richiesta documentazione alla Società, che la consegna agli ispettori nei termini previsti, permanendo incertezza sui fatti e sulle effettive modalità in cui sono state operate dette erogazioni, viene convocato presso gli Uffici ispettivi il professionista che assiste la Società.

Presenti i funzionari di INL e INPS che stanno procedendo, vengono rivolte al professionista richieste specifiche con riguardo a quanto viene ricercato, e che gli ispettori tentano di dimostrare. Vengono in particolare domandate spiegazioni e tabelle dimostrative dei calcoli operati dalla Società.

Tuttavia, il professionista si rifiuta, sia di rispondere sui fatti avvenuti presso la Società sua cliente, sia di fornire documentazione sulle modalità dei conteggi effettuati. Oppone infatti il segreto professionale e rinvia alla documentazione aziendale trasmessa agli ispettori, la quale, peraltro, risultava già in possesso della pubblica amministrazione.

A fronte del rifiuto di collaborare, ritenendo il segreto professionale non opponibile nel caso, gli ispettori contestano al professionista, pochi giorni più tardi, sia il reato di illecito impedimento della vigilanza, ai sensi dell’art. 4, L.n. 628/1961, sia l’illecito amministrativo per avere ostacolato la vigilanza in materia previdenziale, come previsto dall’art. 3, D.L. n. 463/1983.

Il professionista, però, ritenendo di avere agito correttamente, intende opporsi a entrambe le contestazioni.

La soluzione

Come è noto, l’esigenza di collaborare con i funzionari che eseguono verifiche in materia di lavoro e previdenza non costituisce solo un dovere morale e civico, ma risulta disciplinato e, semmai, sanzionato in specifiche disposizioni di legge.

Per cui i soggetti ispezionati, o quanti li rappresentano, che ricevono e non corrispondono a ordini di informazione o di produzione documentale, oppure che, in qualche misura, creino ostacolo o difficoltà all’ispezione, possono venire puniti con misure di natura penale o amministrativa.

Nel caso considerato, i funzionari hanno ritenuto che il professionista che assiste la Società di vendite ispezionata, possa fornire determinanti informazioni, utili ai fini della comprensione della posizione sottoposta a verifica e a giungere all’esito finale del controllo.

La ritenuta reticenza del professionista, che pure richiama il proprio diritto-dovere al segreto su informazioni apprese in quanto professionista, conduce alla contestazione di due dei possibili illeciti che possono sorgere a seguito di condotte ostative dell’azione ispettiva (tra gli ulteriori, va ricordata, per esempio, la possibile interruzione di un ufficio ex art. 340 c.p.).

Il primo illecito che viene contestato attiene alla contravvenzione relativa al cosiddetto impedimento della vigilanza inteso in senso proprio, ove a essere compromesso sia l’accertamento degli ispettori, già del Ministero del lavoro e ora dell’INL.

IMPEDIMENTO DELLA VIGILANZA

Così l’art. 4, L.n. 628/1961
Coloro che, legalmente richiesti dall'Ispettorato di fornire notizie a norma del presente articolo, non le forniscano o le diano scientemente errate ed incomplete, sono puniti con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda fino a € 516.

La previsione è sancita al comma 7 dell’art. 4, della Legge n. 628 del 1961, disposizione che concerne l’azione dell’Ispettorato del lavoro e l’ostacolo all’esercizio delle sue prerogative.

La lesione in discorso può venire commessa anche da un soggetto diverso da quello direttamente ispezionato. Per cui, senz’altro, anche da parte di coloro che operano in assistenza all’azienda controllata.

Va osservato che, come già in passato rimarcato dalle sedi del Ministero del lavoro, venendo nel caso il reato contravvenzionale punito con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda, il contravventore ha facoltà di estinguere il procedimento penale, da una parte corrispondendo alle richieste del personale ispettivo; dall’altra, versando una somma pari a un quarto dell’ammenda prevista.

Questo genere di contestazione non risulta infrequente, laddove gli ispettori ritengano di non avere avuto esatta risposta alle loro richieste, purché legalmente formulate (Cass., sez. pen., sentenza n. 29361/2020), le quali, come conferma la Cassazione (cfr. sentenza n. 46032 del 16.12.2021), dovranno essere specifiche nei loro contenuti (non potendo pertanto ritenersi perpetrato il reato nel caso in cui si assista a richieste, per esempio, genericamente relative alla sola domanda di “documentazione di lavoro”).

L’ulteriore illecito, questa volta amministrativo, che viene contestato, attiene alla circostanza, rilevata dai funzionari, che non sono state fornite le necessarie informazioni in grado di chiarire la posizione previdenziale e assicurativa dei soggetti ispezionati.

IMPEDIMENTO ALLE VERIFICHE PREVIDENZIALI

Così l’art. 3, D.L.n. 463/1983 
I datori di lavoro e i loro rappresentanti, che impediscano ai funzionari dell'Ispettorato del lavoro e ai funzionari degli Istituti di previdenza l'esercizio dei poteri di vigilanza in materia previdenziale e assicurativa, sono tenuti a versare alle Amministrazioni da cui questi dipendono, a titolo di sanzione amministrativa, una somma da € € 1.290,00 a € 12.910,00, ancorché il fatto costituisca reato. 

La previsione dell’illecito amministrativo specifico in discorso, è contenuta nell’art. 3, comma 3 del Decreto Legge n. 463 del 1983 (convertito con la Legge n. 638/1983). Esso appare senza dubbio più limitato nella propria prevista oggettività, rispetto a quello di cui all’art. 4, comma 7, L.n. 628/1961, essendo destinato alle sole verifiche in materia di previdenza e assistenza sociale.

La sua specialità, tuttavia, non esclude che esso possa cumularsi con l’ulteriore illecito penale contestato (“ancorché il fatto costituisca reato”).

Del resto, ci si potrebbe domandare se il professionista della vicenda possa dirsi rientrare tra i “rappresentanti” del datore di lavoro, atteso che solo a detti soggetti è destinata la previsione di questo illecito. Gli ispettori procedenti hanno risolto la questione in senso positivo.

Tuttavia, alle richieste dei funzionari, nella vicenda il professionista oppone il proprio segreto professionale. Una presa di posizione che, in linea di principio, appare corretta, non solo in sede giudiziaria, ma anche in ambito amministrativo, per gli effetti ulteriori che ne possono derivare.

Infatti, non solo risulta concesso, ma, anzi, appare doveroso che il professionista non fornisca dichiarazioni indizianti il proprio assistito, su fatti di cui sia venuto a conoscenza in ragione della propria attività.

Il dovere di astensione è positivamente stabilito per molte professioni, come accade per i consulenti del lavoro (cfr. art. 6, Legge n. 12/1979: “Il consulente del lavoro ha l’obbligo del segreto professionale. Nei suoi confronti si applica l’articolo 351 del codice di procedura penale”) o per i commercialisti (cfr. art. 5, D.Lgs n. 139/2005: “Gli iscritti nell’Albo hanno l’obbligo del segreto professionale. Nei loro confronti si applicano gli articoli 199 e 200 del codice di procedura penale e l’articolo 249 del codice di procedura civile, salvo per quanto concerne le attività di revisione e certificazione obbligatorie di contabilità e di bilanci, nonché quelle relative alle funzioni di sindaco o revisore di società od enti”).

Peraltro, nella vicenda, va osservato come, fornita la documentazione aziendale, non sussista comunque alcun onere di facere specifico, in capo alla Società e al professionista che l’assiste per rielaborare dati e conteggi, i cui esiti siano stati già trasposti in documenti ufficiali (es. LUL).

La posizione assunta dal professionista, pertanto, oltre che “scusante” la determinazione di non avere dato riscontro agli ispettori, appare attenta nella salvaguardia delle posizioni, anche alla luce della giurisprudenza della Cassazione (cfr. Cass., sez. pen., n. 46588/2017). Per la quale, quantunque fondato il diritto di avvalersi del segreto professionale, nel caso in cui fossero state rese spontanee dichiarazioni dal professionista, esse sarebbero comunque utilizzabili a ogni fine. Per i Giudici di legittimità, in definitiva, le informazioni fornite anche in violazione dei doveri deontologici, risultano correttamente acquisite nelle procedure giudiziarie e amministrative.

La motivazione professionale della reticenza nella vicenda esposta, perciò, farà sì che le contestazioni possano essere opposte dal professionista e che debbano essere archiviate.

Articolo a cura di STUDIO LEGALE VETL – estratto da V@L – Verifiche e Lavoro n. 4/2022

V@L – Verifiche e Lavoro è la prima rivista specializzata in Italia in materia di ispezioni e controllo sul lavoro da parte degli organi pubblici competenti, su lavoro, previdenza, assicurazione e sicurezza.

I nostri ricorsi ragionati vogliono essere uno strumento operativo, una guida pratica per difendersi in caso di verbale ispettivo.

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