Appalti e concessioni: CCNL, rinnovi e verifiche di equivalenza

Appalti e concessioni: CCNL, rinnovi e verifiche di equivalenza

Per il TAR Lombardia, con sentenza n. 1635/2025, il problema dell’equivalenza dei CCNL applicati, ai sensi del rinnovato Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs n. 36/2023), riguarda tutti gli accordi comunque diversi da quelli indicati dalla Stazione appaltante.

La crescente attenzione per il rispetto delle condizioni di lavoro nell’ambito dell’esecuzione degli appalti pubblici, trova una puntuale disciplina nelle modifiche di recente introdotte nel Codice dei Contratti Pubblici (Decreto legislativo n. 36 del 31 marzo 2023).

L’intento è quello apprezzabile di coniugare al principio del risultato (“le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza”) la necessaria tutela e sicurezza del lavoro da impiegare nell’esecuzione degli incarichi.

NOVITÀ DEL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI

A tale fine l’articolo 11 del Codice dei Contratti Pubblici -come novellato dall’art. 2, D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209 (Disposizioni integrative e correttive al codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)- indica, assieme a ulteriori previsioni nel corpo del decreto (per es. l’art. 110, su trattamenti salariali minimi inderogabili e costi della sicurezza), le condizioni a cui gli operatori economici, in qualità di datori di lavoro, possono accedere alle gare e all’aggiudicazione delle medesime.

L’attenzione viene posta, soprattutto, sull’“applicazione” del CCNL indicato dalla Stazione appaltante, o sulla dimostrazione dell’equivalenza sostanziale delle garanzie offerte dal diverso contratto collettivo che sia eventualmente applicato dall’impresa.

In quest’ultimo caso (art. 11, comma 4, cit.), al fine di offrire prova ed evidenza a tale equipollenza contrattuale, i partecipanti a gare e attività per forniture, servizi e concessioni devono produrre alla Stazione appaltante e all’ente concedente una dichiarazione definita, appunto, “di equivalenza”.

Art. 11, D.Lgs n. 36/2023
1. Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l'attività oggetto dell'appalto o della concessione svolta dall'impresa anche in maniera prevalente.
2. Nei documenti iniziali di gara e nella decisione di contrarre di cui all'articolo 17, c. 2 le stazioni appaltanti e gli enti concedenti indicano il contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato nell'attività oggetto dell'appalto o della concessione svolta dall'impresa anche in maniera prevalente, in conformità al comma 1 e all'allegato I.01.
2-bis. In presenza di prestazioni scorporabili, secondarie, accessorie o sussidiarie, qualora le relative attività siano differenti da quelle prevalenti oggetto dell'appalto o della concessione e si riferiscano, per una soglia pari o superiore al 30%, alla medesima categoria omogenea di attività, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti indicano altresì nei documenti di cui al c. 2 il contratto collettivo nazionale e territoriale di lavoro in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, applicabile al personale impiegato in tali prestazioni.
3. Nei casi di cui ai c. 2 e 2-bis, gli operatori economici possono indicare nella propria offerta il differente contratto collettivo da essi applicato, purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante o dall'ente concedente.
4. Nei casi di cui al c. 3, prima di procedere all'affidamento o all'aggiudicazione le stazioni appaltanti e gli enti concedenti acquisiscono la dichiarazione con la quale l'operatore economico individuato si impegna ad applicare il contratto collettivo nazionale e territoriale indicato nell'esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto per tutta la sua durata, ovvero la dichiarazione di equivalenza delle tutele. In quest'ultimo caso, la dichiarazione è anche verificata con le modalità di cui all'articolo 110, in conformità all'allegato I.01..
5. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti assicurano, in tutti i casi, che le medesime tutele normative ed economiche siano garantite ai lavoratori in subappalto.
…

In un contesto sistemico contraddistinto da note incertezze interpretative e dalla necessaria lacunosità della normativa, la disciplina di appalti e concessioni pubbliche inerente i CCNL da rispettarsi trova ulteriore riferimento e operatività nelle previsioni del nuovo Allegato I.01 al medesimo Codice dei Contratti Pubblici, ora introdotto dall’art. 73, D.Lgs n. 209/2024.

Merita innanzitutto di essere sottolineato come i contenuti di detto Allegato stemperino l’eccessivo rigore e l’insuperabile restrittività della previsione del menzionato art. 11, relativa alla “necessità” di applicare il CCNL indicato nel bando gara nell’ambito dell’appalto pubblico (“Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro”).

Ciò avviene (solo con apparente contraddizione tra l’art. 11 del decreto legislativo e l’art. 2, Allegato I.01), escludendo la sussistenza di connotati “erga omnes” della contrattazione collettiva di riferimento, a favore di una ricerca sostanziale delle medesime garanzie, economiche e normative che devono essere assicurate ai lavoratori (cfr. art. 2, comma 4, Allegato I.01: “Fermo restando quanto previsto dall’articolo 11, comma 3, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti non possono imporre, a pena di esclusione, nel bando di gara o nell’invito l’applicazione di un determinato contratto collettivo quale requisito di partecipazione”).

Superato il potenziale fraintendimento giuridico, l’Allegato I.01 offre regolamentazione al giudizio comparativo e sostanziale che la Stazione appaltante è chiamata a svolgere (cfr. art. 4, Allegato I.01: “Quando, al di fuori delle ipotesi di cui all’articolo 3, l’operatore economico indica nell’offerta un diverso contratto collettivo di lavoro da esso applicato, si considerano, ai fini della valutazione di equivalenza, le tutele economiche e le tutele normative”), affinché sia garantita l’effettiva equipollenza tra i CCNL in considerazione, ammettendosi, al più, “scostamenti” parziali e marginali.

IL CASO

Sulle novità di fatto introdotte a partire dal 2025, i Tribunali Amministrativi Regionali hanno avuto modo di iniziare a esprimersi già nel corso dell’anno, venendo chiamati a risolvere le prime contese e a fornire indicazioni in ordine all’effettiva operatività della disciplina legale.

Un caso paradigmatico e di peculiare interesse sul punto, è quello affrontato e risolto dal TAR Lombardia di Milano, con la sentenza 12.05.2025 n. 1635.

Un Comune aveva bandito una gara di appalto, avente a oggetto la gestione del servizio di ristorazione per asili nido e scuole d’infanzia, scuole primarie e secondarie di primo grado, nonché servizio pasti al domicilio rivolto alla popolazione anziana e fragile del medesimo Comune.

Il costo della manodopera veniva stimato dalla stazione appaltante in base al vigente CCNL relativo ai settori pubblici esercizi, ristorazione collettiva e commerciale e turismo, il quale costituiva contrattazione che le aziende partecipanti erano, quindi, chiamate ad applicare.

Vincente una delle concorrenti alla gara d’appalto, la prima impresa non aggiudicataria ricorreva al TAR, tra l’altro, sollevando eccezione di “Violazione e falsa applicazione dell’art. 11 del Codice e delle norme relative ai CCNL e di tutela dei lavoratori”. Infatti, a detta dell’azienda arrivata seconda nella gara, la Stazione appaltante aveva erroneamente ritenuto ammissibile la complessiva offerta dell’aggiudicataria nonostante quest’ultima avesse reso la dichiarazione circa l’applicazione del CCNL relativo ai settori pubblici esercizi, ristorazione collettiva e commerciale e turismo alla manodopera, in difformità all’art. 11 del Codice dei Contratti pubblici.

In tale senso, si osservava come, da un lato, l’aggiudicataria avesse dichiarato l’applicazione del previsto CCNL relativo ai settori pubblici esercizi, ristorazione collettiva e commerciale e turismo, come da Disciplinare di gara, tuttavia con riferimento a quello sottoscritto nel 2018 e scaduto nel 2021, anziché di quello vigente del 01.06.2024, a cui la Stazione appaltante aveva fatto riferimento. D’altro canto, si considerava come si sarebbe omesso di produrre una dichiarazione di equivalenza delle tutele, così come richiesta dall’art. 11 del predetto Codice.

LA DECISIONE

Ad avviso del TAR Lombardia, tali circostanze fattuali sono sufficienti a concretare la chiara inottemperanza, da parte dell’impresa aggiudicataria, del combinato disposto di cui agli artt. 11 del Codice e del Disciplinare per due concorrenti ragioni.

Innanzitutto, in quanto veniva fatto “esplicito riferimento ad un CCNL del 2018 non più valido e applicabile erga omnes, essendo il suddetto CCNL in regime di ultrattività (art. 220) solo sino alla sottoscrizione del relativo rinnovo che, come detto, è avvenuto il 5 giugno 2024”. Sicché, oltre tale data, alcuna vigenza poteva essere riconosciuta al CCNL dichiarato dall’aggiudicataria.

In secondo luogo, in quanto, stante l’assenza di siffatta capacità normativa, l’aggiudicataria avrebbe dovuto almeno dichiarare in sede di gara che avrebbe applicato un CCNL diverso da quello previsto dalla Stazione appaltante, ossia il CCNL previgente, e quindi produrre la dichiarazione di equivalenza delle tutele offerte. Tale indicata equivalenza avrebbe dovuto poi essere sottoposta a verifica, sia sul piano delle garanzie economiche, sia su quello delle tutele normative.

Del resto, onde superare ogni perplessità in ordine al mero formalismo dell’assunto, la sentenza n. 1635/2025 precisava come, nel merito, sussistesse comunque una rilevabile discontinuità tra i CCNL in comparazione (“volendo entrare in media res del contenuto della nuova contrattazione, il CCNL recentemente rinnovato introduce elementi innovativi tanto sul piano economico quanto, e soprattutto, su quello normativo”). Ciò, non solo sotto il profilo del trattamento economico (con una revisione economica a tranche per il settore ristorazione collettiva), ma pure normativo (con l’introduzione indubbia di discipline ed elementi innovativi e di favore, quali congedi per violenza di genere; classificazione del personale, mediante passaggi automatici al livello superiore di inquadramento; tutela della maternità, con periodi di maternità e paternità, nonché congedi parentali, utili ai fini della maturazione di ferie, riduzione d’orario, di tredicesima e quattordicesima; assistenza sanitaria integrativa, con aumento del contributo aziendale).

TAR Lombardia, sentenza n. 1635/2025
La circostanza che l’operatore economico, in sede di domanda di partecipazione a gara di appalto, abbia dichiarato di applicare il CCNL indicato dalla Stazione Appaltante, spuntando l’apposita casella, benché in effetti applichi sì il medesimo CCNL, ma secondo quanto previsto dalle parti sociali precedentemente al suo rinnovo, necessita che, pena l’esclusione dalla gara, sia predisposta la prevista dichiarazione di equivalenza ex art. 11 del Codice dei Contratti pubblici, e che si riscontri la garanzia della parità di tutele economiche e normative rispetto al CCNL vigente indicato e in vigore.

IL PROBLEMA DELL’EQUIVALENZA TRA CCNL

La pronuncia del TAR Lombardia pare in linea di principio ragionevole, alla luce degli espressi riferimenti alla necessaria applicazione del CCNL previsto per appalti e concessioni o, in alternativa, alla dichiarazione e dimostrazione della sostanziale equivalenza del diverso CCNL applicato dall’impresa concorrente rispetto a quello indicato nel Disciplinare di gara.

Va tuttavia tenuto in debita considerazione che quella di equivalenza costituisce una verifica di merito che -anche ammesso che lo scrutinio della parte economica sia più gestibile in termini di “misurabilità”- si può prestare a valutazioni potenzialmente incerte quanto alla parte normativa. Per esempio, ove si dovesse paragonare l’eventuale infungibilità di diversi istituti di favore presenti nei differenti contratti collettivi oggetto di comparazione. In quest’ultima ipotesi, si potrebbero rilevare evidenti difficoltà nella “misurazione” di equivalenza e con riguardo agli scostamenti ammessi tra i differenti CCNL applicati.

È previsto, infatti, che tali “scostamenti” per la parte normativa possano essere “marginali”, non dicendo tuttavia la norma come considerare la misura dell’approssimazione ammissibile (art. 4, Allegato I.01, D.Lgs n. 36/2023, “Indicazione da parte dell’operatore economico di un diverso contratto collettivo nazionale di lavoro”).

Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono ritenere sussistente l'equivalenza delle tutele quando il valore economico complessivo delle componenti fisse della retribuzione globale annua … risulta almeno pari a quello del contratto collettivo di lavoro indicato nel bando di gara o nell'invito e quando gli scostamenti rispetto ai parametri [normativi] … sono marginali.

Ragione per cui equipollenze e “pesi” andrebbero apprezzati ex ante (almeno nel Disciplinare di gara, se non, meglio, dalla norma), neppure potendosi presumere che la comparazione si venga a sostanziare sempre e solamente in un mero check up sinottico della presenza o meno di discipline e istituti (ma si confronti la Delibera ANAC, n. 14 del 14.01.2025 e l’indicazione che “si può ritenere ammissibile, di regola, uno scostamento limitato a soli due parametri”).

L’insegnamento che pare potersi trarre dalla decisione in commento è che, in qualunque situazione in cui risulti applicato un CCNL comunque differente rispetto a quello individuato dalle Stazioni appaltanti e dagli enti concedenti, ai fini dell’aggiudicazione di appalti e concessioni, vada sempre presentata dai partecipanti alle gare la prevista dichiarazione di equivalenza.

Un adempimento -omesso dall’impresa aggiudicataria nella vicenda giudicata dal TAR Lombardia- che nella fattispecie considerata, ove realizzato, avrebbe probabilmente potuto condurre in modo automatico all’effetto della cd. “presunzione di equivalenza” dei CCNL, alla luce di un’ulteriore previsione di semplificazione introdotta dal Decreto legislativo n. 209/2024.

Infatti l’art. 3, Allegato I.01, D.Lgs n. 36/2023 (Presunzione di equivalenza) stabilisce che, a prescindere da verifiche sostanziali, si ritenga l’equipollenza di diritto di un diverso CCNL sottoscritto congiuntamente dalle medesime OO.SS. comparativamente più rappresentative -seppure con organizzazioni datoriali diverse da quelle firmatarie del CCNL indicato dalla Stazione appaltante-, purché attinente al medesimo sottosettore e in relazione alle stesse dimensioni e natura giuridica dell’impresa.

In apparenza, la situazione del caso di specie.

[L’articolo è anche sulla rivista “Sintesi” dei Consulenti del Lavoro di Milano]

Articolo a cura di MAURO PARISI – Studio Legale VetL

Approfondimento del 12.09.2025

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